Tocco il business con un dito: cosa aspettarsi dal cambiamento

In questi mesi ho guardato, osservato, preso appunti.

Sono sempre stata una che comunica di pancia sui propri canali (e nella vita, in generale). Queste ore lente di auto-quarantena hanno aperto un dubbio nella mia testa, un punto interrogativo che si aggira fra cuore e mente come una libellula leggera. 

Voglio condividerlo con te: quando è il momento di agire e quando il momento di fermarsi?

Mi spiego meglio. 

Sto assistendo a tante dirette, corsi e pubblicazioni. Un brusio, un chiacchiericcio, una conversazione continua di cose interessanti e gesti di bellezza sparsi. Un moto di liste di film, musica, libri che mi sembra di avere ancora meno tempo di prima e un casino nella testa degno delle migliori serie tv adolescenziali. Davvero è necessario tutto questo moto disordinato? Questa voglia di comunicare e di fare dov’era ieri?

Ho lanciato anche io un’iniziativa, nelle prime ore. Poi mi sono fermata. Ho capito che dovevo fare un passo indietro. Essere solerti non significa creare valore aggiunto. A volte è meglio stare in silenzio e capire qual è il posto che vuoi occupare in quel momento nel flusso collettivo.

Se penso a degli esempi di brand (sì, brand!) che hanno ben chiaro cosa vogliono comunicare e come farlo, posso segnalarti “Giulia” (le trovi qui: @trisklee @jugiemme @juiceforbrekfast). Sarà il nome che è particolarmente incline alla comunicazione ma osservale:

  • una sola idea di base (concetto, perché, motivo, obiettivi stabili)
  • Stile, tono di voce e valori (pochi e buoni)
  • costanza, etica e contenuti adatti ai vari canali (questo è il vero segreto di una buona comunicazione)
  • pianificazione, creatività schematica e dosata
  • comunicano, non parlano e basta.

Insomma, impariamo che – per avere una buona comunicazione devi essere come una canna al vento:

  • Stabile (devi avere solide radici)
  • Flessibile (lo stelo deve piegarsi alle situazioni senza mai rinunciare alla propria essenza)
  • Sinuosa (hai mai osservato una canna piegarsi al vento nella luce del tramonto?)
  • Concreta (radici, stelo, corona).

Ecco, una buona comunicazione assomiglia al movimento di una canna al vento al tramonto. Devi diventare la tua ora d’oro pianificando e progettando una comunicazione semplice, etica e concreta. Devi essere una di quelle #storiesemplici che tutti possono comprendere e di cui tutti apprezzano l’unicità. 

PS ti confesso che ho una gran paura a scrivere un post come questo. Ti spiego brevemente il perché dato che il mio stile è sempre stato quello di esser chiara e non nascondere nulla: SocialMuffin sta mutando, sta cambiando e io sto processando tutto per capire. 

Io sono un cactus: scelte, attese e competenze

E ad un certo punto lo senti: un uncino che ti tira all’altezza dello stomaco. Come la sensazione che Harry prova con la prima Passaporta.

La sua prima volta, il suo primo viaggio, il suo primo attimo.

“Scandisci correttamente dove vuoi andare o ti porterà ovunque”.

Questo è il senso della frase che risuona nelle sue orecchie mentre sa di aver mancato l’obiettivo e si pente. Diagon Alley per Nocture Alley.

Un obiettivo simile ma sbagliato, quello che lo ha portato dall’altra parte della forza. Oscuro, tetro, nebuloso. Come una costellazione affumicata da gas di scarico di pensieri troppo torbidi per splendere.

Ma cosa c’entra Harry Potter con la comunicazione?

Tutto e niente, come sempre.

C’entra con le sensazioni, con lo smarrimento di un bambino cresciuto in fretta, con la sua voglia di conoscere il mondo che freme così tanto da fargli dimenticare tutto il resto.

C’entra con gli errori di valutazione, con quello che pensiamo di volere rispetto a quello che vogliamo veramente dalla nostra presenza digitale (ma non solo).

C’entra con il fatto che un confronto con la fossa delle Marianne che ci portiamo dentro (e che abbiamo arredato, a seconda dei gusti, da Maison du Monde o Westwing) abbia aperto voragini così ampie che nemmeno Meredith Grey sarebbe in grado di ricucire; ha appianato pieghe dell’anima altrimenti stropicciate da anni e messo in crisi qualunque sistema valoriale ci appartenesse nel “Prima”.

Scegliere: chi sei

Owen Hunt è uno dei personaggi più sfigati che esistano. Lo vedi lì, fermo, sempre sull’orlo del pianto, con quelle sopracciglia che ti innervosiscono. Del tipo che vorresti dargli un pugno in mezzo alla faccia e digli “Hey, fatti una limonata se la vita ti dà solo limoni” (o smettila di sposare quelle sbagliate, cazzo). Però sai esattamente chi è. Owen ha scelto chi essere.

Quindi, ho capito: io sono un cactus.

Oggi ho respirato piano, quasi mi fa male per la lentezza con cui l’ho fatto. Ad ogni movimento del diaframma, con estrema lucidità, ho associato un pensiero. L’ho messo in fila con gli altri, come i saponi colorati al supermercato. Quelli per la lavatrice.

Le bottiglie tutte così diverse; etichette, bronci di plastica, sbuffi di profumi; fanno a gara per fare un tuffo nel tuo carrello ed essere avidamente consumati. 20 lavaggi e poi alla discarica.

Una felicità a tempo determinato.

E questi pensieri con scadenza seconda stella a destra e poi dritto fino al cestino li ho poi analizzati con cura, abbracciati così forte da farli svenire e saltare in padella con contorno di consapevolezza.

E ho capito.

Che sono un cactus.

Che se mi dedichi troppe attenzioni, mi guasto.

Che all’ombra sono serena, con un raggio di sole danzo. Troppo mi rovina le spine e i fiori e i colori.

Che ho bisogno di un recipiente piccolo, una tazzina una teiera uno striminzito vaso di terracotta. Se vado oltre, annego nella terra con le radici, le spine e tutto il resto.

Che ho la fioritura lenta. Esplodo di colori se solo lasci che i petali si aprano senza forzarli e che mi inerpichi piano, come un’anziana sulle scale della vita. Non è indolenza, è concentrazione. Non è pigrizia, è attenzione. Non è svogliatezza, è voler sentire a fondo ogni passaggio, ascoltare ogni curva e ogni spigolo, udire ogni scricchiolio della crescita.

Qualche volta, sai, è utile guardare il mondo dallo specchietto retrovisore. Tu sgomma e vai avanti. Un quarto di miglio alla volta. Resti lì fermo a dare un’occhiata a tutte le cose che hai fatto, al modo in cui il cosmo le ha percepite e ti chiedi se le persone le abbiano comprese appieno. Una lista di errori, fallimenti, spettacoli, fuochi pirotecnici, successi. Per molti la vita è solo questo: un elenco, una to-do, un quaderno pieno di voci da spuntare. Io la vedo più come una strada dove non puoi fare retromarcia, totalmente vietato. Puoi solo andare avanti e dare un’occhiata allo specchietto retrovisore per capire che ciò che hai fatto un attimo prima è irrimediabile — nel bene e nel male, e puoi solo scegliere di accettarlo e lasciare andare quel quarto di miglio appena percorso.

Sì, sono una fan di Fast and Furious, delle auto che sanno il fatto loro e dei tramonti a caso. Anzi, adoro le cose a caso. Se mi chiedessero cosa o chi sono stata nella mia vita precedente risponderei non importa, qualunque cosa a caso. Il caso è ciò che mi muove nella vita, nella strategia, nella condotta. Il caso di fare con coscienza il mio lavoro, di rispettare il mondo a modo mio, di stare in silenzio quando credo sia giusto e di pigiare sui tasti come su un pianoforte quando, invece, è proprio il caso di parlare. 

Il mio credo è semplice: allontanati dalla tastiera quando hai voglia di spaccare la faccia a qualcuno, chiama chi ti ascolta e non ti giudica, respira e rifletti perché ogni parola che scrivi ed ogni immagine che utilizzi è un mattone giallo che costruisce la strada verso la tua Città di Smeraldo

Non riempire per forza il silenzio

Una delle cose più belle del mondo è il silenzio. Molti sopravvalutano una buona tazza di tè, Kitchen di Banana Yoshimoto e l’alba. Io preferisco ascoltare il silenzio con un bel caffè forte e l’intontimento del mattino. 

Non dobbiamo per forza essere uguali alle modelle delle riviste patinate (che oggi sono le guru fatte di spiritualità cinque del mattino yoga e minimalismo). Dovremmo essere comodi nella nostra vita. Non dover riempire per forza il silenzio di contenuti. Non per forza dobbiamo realizzare il freebie della vita, scrivere la guida definitiva alle guide definitive (se segui Valentina Falcinelli e le sue storie su Instagram, capirai), creare un perfetto business tutto newsletter e dirette. 

Possiamo rilassarci, creare il nostro spazio online e offline, realizzare ciò che sentiamo possa funzionare senza troppe pippe mentali. 

Vuoi utilizzare un panda con una bandana rossa perché ti fanno sorridere ma vendi libri online e non sarebbe coerente? Chi se ne frega, fallo. Spiegalo. Racconta il tuo perché. Non farti mai tappare la bocca dal disagio di ammettere chi sei perché è proprio quello che potrebbe farti vendere di più, il tuo essere così normalmente normale. 

Impara solo a dosare la tua normalità, raccontala piano, a piccoli passi. 

Non strafare. Non devi essere a tutti i costi quella che spacca. Concediti la normalità di un business che non corre ma che si sostiene da solo, ti regala serenità e concretezza. Un business che ti conceda il potere di ascoltare il silenzio senza doverlo per forza saturare perché è già pieno di te. 

Non correre dietro al Bianconiglio perché la sua tana è profonda e potresti perdertici dentro. Meglio osservare, riflettere, meditare e — solo quando sei proprio convinta, condividere. 

Ogni cosa che pubblichi online è un pezzo di te che se ne va e permetti agli altri di commentare, nel bene e nel male. E questo devi accettarlo. Ci ho messo tempo ma l’ho capito. Devi accettare e lasciare andare (merito dello Yoga di cui sopra, ogni tanto le guru qualcosa di buono la fanno, dai). 

Sii strategicamente te stesso

Fai un elenco di ciò che sei, che vuoi, che ti piace, che odi e parti da lì. 

  • Cosa vuoi che gli altri sappiano di te e cosa vuoi lasciare nel tuo scrigno sotto il letto? 
  • Che profumo vuoi lasciare nella stanza quando te ne vai?
  • Che sensazione vuoi che io provi quando socchiudo gli occhi nel silenzio del mattino? 

Rispondi alle domande per te, non per le persone. Smettila di incastrarti in mappe mentali, percorsi preconfezionati di corsi online che ti insegnano che, alla fine, le persone sono una sommatoria di scelte predeterminate perché l’algoritmo ha sempre ragione. Gli esseri umani sono imprevedibili, irrazionali, illogici. Si muovono seguendo degli archetipi, dei modelli sociali ma non saranno mai come sulla carta. Puoi rintracciare, però, i loro percorsi abitudini mood esperienze conversazioni recensioni opinioni. Devi sempre fare in modo da tenere in mente questa cosa in modo tale da poter disegnare dei modelli di personas, dar loro vita, un volto ma, al contempo, ricordarsi che siamo luci di un’altra città, diversi, umani, unici. Non sappiamo con quale piede sia sceso dal letto l’utente stamattina.

Qualche volta, sii eco

Nella vita, è utile saperlo e comprenderlo quanto prima, siamo incudine e martello a seconda delle situazioni, chiese sconsacrate e templi sacri, siamo sacchi da colpire e pugili assetati di sudore. Guardo ed osservo tantissimi brand online che oscillano tra il protagonismo assoluto ed il mutevole seguire delle stagioni. Mi spiego meglio. Ultimamente vedo solo due tipi di comunicazione:

  • urletti sparsi, occhi sgranati, insulti velati, ironia che non ti portano via e ti chiudono in un manicomio. Business che letteralmente se ne fottono del mondo, sono fatta a modo mio e cazzi e mazzi. Ok, sei sicur* di te ma… ma.
  • i mistici guru della motivazione unita alla sacra arte del social media e del triplo salto carpiato della mistica luna del solo per oggi e per altre 48 volte se alzi il dito e me lo tiri dietro.

In mezzo a questo marasma, poi, ci sono altri due animali social-i. Quelli che stanno in silenzio, osservano e sperano di arrivare alla fine della giornata e quelli che hanno business così perfetti che nemmeno loro ci credono. Poi ci sono chi sa far funzionare la propria comunicazione perché genuina, sana ed etica ma di questo ti ho già parlato anche troppo.

E poi ci siamo noi, io e te. Che ti fai mille pippe mentali, dubbi e domande. Che non sai cosa postare perché il cervello ti gira a mille, hai paura di essere giudicata o di fare o dire qualcosa che è già stato detto anche se sai che sei lì a pensarci probabilmente da anni.

Ecco, a me quando prendono tutte queste paranoie penso al fatto che ci bombardano ogni giorno sul fatto che dobbiamo necessariamente essere una voce e non un eco. Per carità, amo questa citazione e spesso la uso anche nelle consulenze ma ci sono momenti in cui butterei tutto all’aria e mi verrebbe da urlare (sì, mi ci vedo: in piedi sulla sedia con tutti che mi guardano – che paura!):

Non c’è niente di male nell’essere quell’eco, ogni tanto.

Guardare qualcosa che ti piace e dire “lo avrei fatto anche io” ma io l’avrei fatto così. Con i miei valori, il mio modo, il mio cosmo.

Perché essere eco non significa essere autorizzati a fotocopiare né a prendere ispirazione – non ci credo, quando è palese hai copiato e basta, non hai giustificazioni. Essere eco significa prendere una rincorsa e provare a dare una nuova visione a qualcosa che già esiste e raccontarla attraverso i propri occhi, il proprio mondo, il proprio io.

Un po’ come faccio io reinterpretando Alice nel Paese delle Meraviglie. Esistono centinaia di versioni della storia, anche freelance che si ispirano a lei. Io, però, la propongo al mondo a modo mio, faccio affacciare Alice attraverso la mia finestra.

Gli echi sono rimbombi non specchi. Spesso mettono in luce lati di te che nemmeno sapevi esistessero. E te lo dice una che attraverso lo specchio ci vorrebbe passare la vita!

Non rinunciare alla tua identità ma smussa gli angoli

Ci ho messo 34 anni a capire che cosa posso fare con le opinioni altrui. No, non quello che hai appena pensato. Cioè, magari con qualcuna sì ma con le altre ho trovato un metodo semplice e, almeno per il momento, sembra funzionare:

  • contestualizza il momento in cui ti viene fatto notare qualcosa;
  • pesa la fonte dell’opinione: ti importa davvero di lui o non è funzionale al tuo business, vita, alla situazione?
  • ragiona sulla semantica e la semiotica utilizzata all’interno del contenuto della critica o dell’opinione. Che parole vengono utilizzate? In che modo?
  • analizza la polarità del contenuto e il tono di voce utilizzato.

Insomma, se lavori in comunicazione o hai un’attività devi imparare a dare un peso alle opinioni e, ancora di più, alle persone. Non puoi farti ferire o condizionare se non in positivo. Ed anche in quel caso, ragionaci su.

Ti ho parlato di come gestire le opinioni perché è una semplice introduzione ad un concetto più ampio che io amo molto: restare chi si è smussando gli angoli della propria identità.

Mi piace tantissimo la cosa di essere strategicamente se stessi.

Il principio è che siamo esseri umani (anche e soprattutto) sul web. Perché, dunque, fingere? Basta semplicemente limare alcuni aspetti del proprio carattere adattandoli al canale web.

  • Sii te stesso (le costruzioni si notano subito)
  • Cerca di trovare il giusto equilibrio in termini di tempo, relazioni ed obiettivi.
  • Stabilisci dei confini e delle priorità.
  • Quando commenti, pubblichi e condivisi ragiona un attimo sulle conseguenze – positive e negative – delle tue azioni.
  • Valuta il reale valore delle tue collaborazioni e di chi ti circondi. Non devi dire sì o no a tutti: ragiona sulla proposta e non svenderti.
  • Costruisci strategicamente la tua rete: gli utenti sono relazioni da coltivare non numeri da raggiungere. Questo vale anche per le collaborazioni con brand e professionisti.
  • Essere presenti vuol dire (anche) dire la tua senza paura. Sii onesto.
  • Se ti perdi, non aver paura di ritrovarti.
  • •Fatti ispirare e lascia che si ispirino a te
  • Prenditi cura della tua rete e di chi ti segue: costruire una rete è faticoso, richiede dedizione ma la fiducia, l’utilità e la rilevanza è quello che ti fa crescere.
  • Mettiti sempre alla prova, scegli (almeno una volta) di puntare su te stesso. Provaci.
  • Non prendere impegni che sai di non poter mantenere. Meglio concentrarsi su pochi progetti, relazioni e collaborazioni di valore. Il valore è tutto ciò che deve muoverti e quello che muove gli utenti. Se non sei urgente, potrai creare contenuti fantastici ma non funzioneranno.
  • Non aspettare che sia tutto perfetto: comincia. – Implementa l’idea – Un altro lo sta già facendo, e quindi? – Per migliorare c’è sempre tempo. Le persone apprezzano l’onestà di chi ci mette impegno, passione e – perché no, fallimenti e paure. Fa parte del gioco. Si impara dagli sbagli: solo chi non fa errori non cresce. E poi, ricordati della magica parola empatia.
  • Non aspettarti che gli altri ti trattino come tu tratti loro. La RECIPROCITA’ è qualcosa che si conquista e si concede. Semplicemente, è la voglia di aiutare gli altri senza aspettarsi nulla in cambio ma sapendo che, al momento giusto, non rimarrai da solo. Coltiva il tuo orto e dai una mano ai vicini. – Le relazioni sono l’ossatura del tuo business – Dai fiducia (con parsimonia) e forse non ti deluderà – Il terreno della formazione personale e reale fa dei tuoi contenuti qualcosa di valido.
  • Prenditi cura della tua identità online ed impegnati nel tuo lavoro senza anteporre gli altri ai tuoi progetti: SOSTIENITI, AMATI, CURATI.

E se tutto va male, domani è un altro post!

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